“Prendetevi tutto ma non il mio… allenatore”. Il popolo italiano è da tempo riconosciuto come un popolo di emigranti. In ogni dove ci si rechi non è difficile incontrare nostri connazionali. Il fenomeno dell’emigrazione si è esteso rapidamente anche all’ambito sportivo. Da diversi anni, il mondo dello sport made in Italy sta vivendo una sorta di esodo della categoria “allenatori”. Dal calcio al basket, dalla pallavolo ai grandi maestri dei giochi olimpici, emigrano tutti. Affascinati dai progetti e soprattutto dalle offerte economiche affatto appetibili, gli allenatori-maestri dello sport scelgono l’estero rispetto alla madre patria. Ciò che è certo è che da un paese falcidiato dalla crisi è più facile scappare via che cercare di ricostruire qualcosa di buono nel tempo.
Purtroppo per il Bel Paese, meno per coloro i quali hanno sposato i progetti esteri, sono molteplici gli esempi delle persone che hanno deciso di portare il loro know-how lontano dai confini dell’Italia. Nel caso del calcio, lo sport senza ombra di dubbio più amato dagli italiani, basti pensare che i migliori allenatori italiani sono tutti all’estero: Mancini (Manchester City), Ancelotti (PSG), Spalletti (Zenit), Capello (Russia), Lippi (Guangzhou Evergrande). Ognuno di loro percepisce un contratto faraonico lontano, e non di poco, dagli attuali standard presenti in Italia. In ogni caso, ognuno di loro ha saputo “ripagare” il proprio club d’appartenenza con vittorie importanti.
Per quanto riguarda il basket, basti pensare a Sergio Scariolo, attualmente allenatore dell’Olimpia Milano, che nel triennio 2009-2012 portò la Spagna per ben due volte sul tetto d’Europa (2009-2011), e prima di abbandonare la guida delle Furie Rosse si regalò un argento alle olimpiadi di Londra 2012. L’altro grande nome del basket italiano è Ettore Messina, l’allenatore più vincente in Europa: 28 titoli conquistati tra competizioni cestistiche per Nazionali, e competizioni internazionali per club. Lo scorso anno, il tecnico siciliano condusse una delle più prestigiose squadre del campionato NBA, i Los Angeles Lakers, come allenatore in seconda. Ciò nonostante, le fortune di Messina sono arrivare in Europa alla guida del CSKA.
Un esempio di allenatore emigrato relativo al mondo della pallavolo potrebbe essere rappresentato da Emanuele Zanini. Zanini ha portato la Slovacchia a qualificarsi ai Campionati Europei 2011, come prima nel proprio gruppo di qualificazione. È stato eletto allenatore slovacco migliore del 2010, e pare che solo grazie a lui la CEV abbia scelto la Slovacchia come organizzatore della Final Four di European League.
Se nel caso degli allenatori di calcio, basket e pallavolo, il know-how è facilmente trasmissibile e al tempo stesso assimilabile, non si può dire lo stesso per la conoscenza relativa agli sport praticati durante i giochi olimpici. Dopo Londra 2012, e i relativi successi della squadra azzurra classificatasi all’ottavo posto con 28 medaglie a seguito, sono impazzite le richieste dai grandi paesi europei e non per accaparrarsi i grandi maestri azzurri. La principale categoria a rischio estinzione, si fa per dire, è la scherma: disciplina nella quale l’Italia vanta uno dei migliori team al mondo. Giulio Tomassini e Stefano Cerioni sono le menti che hanno architettato nei minimi dettagli il successo della nazionale nel fioretto. Ci sono Tomassini e Cerioni dietro gli innumerevoli successi del quartetto Vezzali, Trillini, Di Francisca, ed Errigo. I due maestri di Scherma non se la sono sentita di rifiutare l’offerta da parte della federazione russa e a breve partiranno per la volta di Mosca, dove alleneranno la nazionale.
Solo i giochi di Rio de Janeiro 2016 ci diranno chi avrà ragione. Tra 3 anni, conosceremo quali risultati avrà prodotto l’addio, più voluto che forzato, dei grandi maestri della scherma nazionale. L’addio e il rimpianto di queste persone deve assolutamente far riflettere. Bisognerebbe che Gianni Petrucci, presidente del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), sieda intorno ad un tavolo per discutere sulle priorità del nostro Paese in merito allo sport. Lasciar partire chi ci ha fatto diventare grandi, senza avere in mano chi possa realmente continuare tale progetto vincente è un suicidio a livello progettuale. La colpa di tutto ciò è quella di una mancata programmazione, che non permette di pianificare nulla di concreto se non in prospettiva di eventi ravvicinati.