In tempi non sospetti, Cesare Prandelli lo aveva annunciato: “bisogna affrontare le partite internazionali con una modalità diversa rispetto al campionato”.
Il che tradotto vuol dire: senza snaturare la filosofia del calcio italiano, basata su una solida difesa e su rapide ripartenze, proviamo a diventare più europei praticando un gioco che unisca qualità e corsa. Ciò che infatti è sempre mancato ai nostri club, è la capacità di imporre ritmo alla partite. Per natura preferiamo aspettare l’avversario, per poi studiarne i punti deboli e colpirlo. Ma le recenti competizione europee hanno dimostrato che questa tattica non paga più come un tempo; il calcio sta cambiando e si fa sempre più la strada l’esigenza di avere una squadra fisicamente e atleticamente prestante. Il Bayern Monaco di Jupp Heynckes ne è probabilmente l’esempio migliore.
Anche le scelte di Prandelli vanno in questa direzione: non è un caso che il c.t. della Nazionale abbia rinunciato ad un difensore (esclusi Ogbonna e Ranocchia) per far spazio ad un centrocampista (Aquilani). L’idea, appunto, è quella di imporre il proprio gioco, chiunque sia l’avversario da affrontare. Il tempo delle giocate sarà affidato a uomini di qualità come Pirlo, Montolivo e lo stesso Aquilani; tutti gli altri centrocampisti, da Marchisio a De Rossi, da Diamanti a Giaccherini, fino a Candreva, sono tutti uomini che fanno della corsa e dell’agonismo il loro cavallo di battaglia. Stesso discorso per il reparto difensivo costituito dal blocco Juventus (Chiellini, Bonucci e Barzagli) e da incursori di fascia come Maggio, Abate e De Sciglio. Presente anche il cagliaritano Astori, centrale che aggiunge centimetri alla nostra retroguardia. In attacco, escluso Gilardino che incarna l’idea del vecchio centravanti, fisso in mezzo all’area di rigore, troviamo giocatori che uniscono ad una tecnica eccellente, grande spirito di sacrificio: parliamo dei milanisti Balotelli ed El Shaarawy, della sorpresa Cerci (Torino) e di Giovinco. Non resta allora che godersi lo spettacolo.